27.000. È il numero di visitatori che ogni giorno entra ai Musei Vaticani, cammina per ogni corridoio, percorre ogni scala, osserva ogni opera. Ogni giorno, 54.000 piedi si susseguono attraversando i secoli, viaggiando nel tempo con gli occhi carichi di meraviglia e stupore.
Nei musei, è sempre bello guardare per qualche istante chi guarda. Osservare chi osserva. È come se si percepisse l’opera attraverso una lente, cercando di interpretare sguardi, sorrisi e tentennamenti.
Quegli stessi occhi, però, adesso chiudeteli, ed immaginate tutte le ali dei Musei Vaticani deserte. I 54.000 piedi che nel corso della giornata solcheranno il suolo del Vaticano sono adesso quasi tutti distesi, si riposano. Anche i 54.000 occhi sono chiusi; magari assaporando tutta la bellezza da cui saranno investiti, che si preparano a fotografare mentalmente con un poco di emozione, magari sono solo chiusi, riposano e basta. Io stavo pensando, sotto quella che normalmente è l’uscita dei Musei, a dei lunghi corridoi deserti. A delle opere non guardate: mi sembravano tutte più nude, più spoglie, più libere, più “leggere”. Pensavo al buio. All’arte immersa nel buio. E pensavo anche a quanti passi, quelle 27.000 persone, avrebbero compiuto proprio quel 25 novembre in quei corridoi. I miei, quel giorno, sarebbero stati i primi.
Il risveglio del Vaticano è iniziato quel giorno con la pioggia battente, con un ombrello che si chiude e viene battuto giusto un paio di volte davanti al grande ingresso monumentale.

Ogni mattina, i cinque custodi delle 2.797 chiavi dei Musei Vaticani compiono un giro che ormai è quasi un rituale. E ogni sera, altri cinque custodi ripercorrono la stessa strada, impiegando circa due ore per chiudere una sola delle tante ali del complesso.
Il termine “Musei Vaticani”, infatti, nasconde in quel plurale un lungo elenco: al complesso appartengono la Pinacoteca Vaticana, il Museo Pio-Clementino, il Museo gregoriano egizio e quello etrusco, il Museo missionario-etnologico, il Museo filatelico e numismatico, il Museo pio cristiano, il Museo gregoriano profano, il Museo della biblioteca Apostolica Vaticana, il Museo Chiaromonti, il Museo storico vaticano, al quale appartiene anche il padiglione delle carrozze, e una collezione d’arte moderna, che ha sede negli Appartamenti Borgia; gallerie, cappelle e stanze.

Il vero punto di inizio per la costruzione del complesso può essere individuato nel momento in cui Papa Niccolò V – al secolo Tomaso Parentucelli – diede avvio alla costruzione del Vaticano, fondando la Biblioteca Vaticana e avviando l’edificazione della Basilica di San Pietro. Siamo nel 1447, e il progetto è affidato all’architetto Bernardo Rossellino. Nel 1471 fu un altro pontefice, Sisto IV della Rovere, a commissionare la costruzione di una cappella che potesse essere all’altezza del Vaticano, del pontefice, della Chiesa cattolica. Nel 1475 hanno inizio i lavori, inizia a prendere forma la Cappella Sistina.avia, fu solo il nipote di Sisto, Giulio II, a creare ciò che l’evoluzione dei secoli ha reso effettivamente i Musei Vaticani. Egli trasferì infatti la sua collezione privata di statue nel cosiddetto “Cortile Ottagonale”, che tutt’oggi fa parte del percorso di visita e ospita al suo interno fra i più importanti capolavori statuari della storia, basti pensare al gruppo scultoreo del Laocoonte, o all’Apollo del Belvedere. Il cortile ottagonale è il centro di propulsione da cui i Musei hanno avuto inizio, in particolare il gruppo del Laocoonte. Esso rappresenta il sacerdote troiano e i suoi due figli attaccati da serpenti giganti, e fu esposto in Vaticano un mese dopo la sua scoperta; gli occhi che a partire dal 1506 si sono posati sulla muscolatura in tensione, sugli sguardi carichi di pathos e paura, sul dolore espresso in ogni tendine del corpo, sono stati quelli di tutti i più grandi artisti dell’epoca, che discutevano circa la posizione del braccio destro, quello alzato e piegato all’indietro, che allora era mancante. Quel gruppo, quella “rovina che ci penetra l’anima” di cui parla Winckelmann, è stata la prima di molte altre.

Nel 1508, lo stesso Giulio II commissionò a Raffaello la decorazione delle Stanze papali, e sempre nel 1508 venne sottoscritto il contratto fra Michelangelo e il pontefice per gli affreschi nella volta della Cappella Sistina.
La struttura museale vera a propria è stata aperta al pubblico nel 1771, a opera di papa Clemente XIV. Il ruolo dei vari pontefici, il contributo che ognuno di loro ha dato al progetto dei Musei e all’allestimento degli spazi ha segnato profondamente ogni aspetto del complesso e ha dato il nome ad aree, spazi e gallerie; passeggiare all’interno dei Musei equivale un poco a ripercorrere la narrazione di queste figure, il susseguirsi di questi uomini che hanno fatto dell’arte e del bello una missione, una fede.

Sono circa 70.000 le opere collezionate dalla Chiesa Cattolica e dal papato nel corso dei secoli e conservate all’interno dei Musei Vaticani; di queste, solo 20.000 sono esposte al pubblico, in ben 54 gallerie. Entrando in Pinacoteca, basta attraversare le prime sale, sorpassare l’oro scintillante di Giotto, andare avanti dopo uno sguardo a Filippo Lippi e al Beato Angelico, e prima di trovarsi senza fiato per l’allestimento della “Trasfigurazione” di Raffaello circondata dagli arazzi e inserita fra la “Pala Oddi” e la “Madonna di Foligno”, c’è un affresco realizzato da Melozzo da Forlì, e staccato dai luoghi della antica Biblioteca Vaticana. Il pontefice è ritratto nell’atto di nominare Bartolomeo Sacchi, detto “Il Platina”, a primo Prefetto della Biblioteca. La scena è monumentale, solenne, i tratti somatici definiti e realistici, i colori accesi e brillanti. Davanti a Sisto c’è il nipote, Giuliano della Rovere, il futuro papa Giulio II. Lo guarda negli occhi. Mi sembra emblematico che ad accogliere in Pinacoteca i visitatori ci siano, ritratti insieme, due pontefici così determinanti in quello che è stato lo sviluppo dei Musei Vaticani.

Il risveglio del Vaticano avviene ogni mattina con il tintinnio di 2.797 chiavi. I tornelli attendono fermi con i sette chilometri di corridoi e stanze dinnanzi, immobili. Gli occhi dipinti, o scolpiti, di ogni pontefice protagonista di un’opera all’interno dei Musei attendono una sfilata di migliaia di volti nuovi davanti a sé. La chiave della Sistina sta per girare nella sua serratura, e le luci stanno per essere accese. Il Laocoonte – inizio di tutto – da centinaia di anni cerca di liberare il proprio corpo dai serpenti in quello stesso cortile ottagonale. Il Sisto di Melozzo da centinaia di anni conferisce la nomina al Platina, con le mani poggiate in maniera imperturbabile sui braccioli del suo trono. Ogni porta viene aperta e i primi di passi si susseguono dall’ingresso ai vari percorsi. Le finestre lasciano entrare la luce e ormai il buio è estinto ovunque. Il Vaticano si è svegliato.
